La DPP è spesso difficile da riconoscere poiché chi ne è colpito tende a mantenere una “facciata di felicità” il più a lungo possibile (alcuni autori parlano di “depressione sorridente”).
I sintomi, inoltre, si sviluppano spesso in modo graduale, a volte sottostimati sia da chi li sperimenta sia dai professionisti che entrano in contatto con il genitore.
In aggiunta, il giudizio morale sul disagio psicologico perinatale è ancora molto forte, per entrambi i sessi.
Soprattutto per le donne, il sapere di “dover essere felici a tutti i costi” favorisce quello che viene definito “paradosso della madre depressa”: la donna è consapevole di non aver diritto a sentirsi triste e, riconoscendo il proprio disagio, può arrivare a giudicarsi come cattiva madre per il proprio bambino, nascondendo i propri sentimenti. La segretezza del proprio stato d’animo, però, non fa che accentuare il ritiro sociale e, di conseguenza, il senso di solitudine che può arrivare a trasformarsi in un vero e proprio “esilio della madre che soffre” (sensazione spesso condivisa anche dai padri).
Per essere definita tale, la DPP deve presentare sintomi:
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continuativi (quasi tutti i giorni, per gran parte del giorno) per un periodo di almeno due settimane e che rappresentino un cambiamento rispetto al precedente livello di funzionamento;
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non attribuibili agli effetti di una sostanza o condizione medica;
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in grado di causare un disagio significativo dal punto di vista clinico, compromettendo il normale funzionamento in ambito personale,
Devono essere presenti almeno cinque sintomi tipici (cfr. DSM-V), di cui almeno uno riferibile a:
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umore depresso oppure
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perdita di interesse/piacere
con manifestazioni di varia natura (p. es. sensazione interiore di vuoto, sguardo assente, incapacità di piangere, scarsa partecipazione, auto-negligenza o mancanza di interesse verso il bambino, ...).
Ulteriori sintomi possono essere, in aggiunta a uno dei due sopra elencati:
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disturbi dell’appetito;
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disturbi del sonno;
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mancanza di desiderio sessuale, avversione a qualunque tipo di vicinanza e intimità, dolore, diminuzione del piacere;
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sentimenti di autosvalutazione o di colpa eccessivi o inappropriati, spesso in associazione con ruminazioni ideative su di sé o su piccoli errori passati;
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sentimenti ambivalenti verso il bambino;
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agitazione o, al contrario, rallentamento psicomotorio;
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irritabilità, aggressività, scatti d’ira improvvisi e violenza, sensazione di insoddisfazione costante;
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ansia e attacchi di panico (spesso in associazione con i sintomi depressivi);
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eccessivo affaticamento e mancanza di energia;
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ridotta capacità di pensare o di concentrarsi oppure indecisione;
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ritiro sociale;
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pensieri ossessivi, ricorrenti, di morte (fino a ideazioni suicidarie);
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disturbi fisici: vertigini, mal di testa, problemi cardiaci, indigestione, mal di stomaco, tensione muscolare, mal di schiena, nausea, vampate di calore, sonnolenza, ....
In caso di DPP paterna, a livello clinico si osservano di più disturbi psicosomatici come mal di stomaco e mal di testa, vissuti di forte ansia, maggiori probabilità di avere problemi di aggressività, comportamenti ostili o fortemente auto-critici, talvolta abuso di alcol o droghe (disturbi che possono occorrere anche in caso di DPP materna).